Lunedì e martedì appena passati, presso l’università di Bologna, si è tenuta una importante due giorni di studio con il professor Philippe Meirieu, uno dei più importanti pedagogisti francesi ed europei.

Queste due giornate erano state volute fortemente da mio padre Alain Goussot che, ricordo, era molto orgoglioso di essere riuscito a portare Meirieu in Italia tanto che la due giorni è stata pervasa totalmente dal suo ricordo e dalla sua presenza.

A cominciare dalla profonda assonanza tra i temi che mio padre aveva a cuore e quelli portati da Meirieu, come da lui stesso più volte sottolineato.

Sono stati due giorni ricchissimi di analisi e spunti di riflessione sulla società e sulla scuola, mi sono sentito privilegiato nel aver conosciuto un intellettuale a tutto tondo come Philippe Meirieu.

Importante è stata sopratutto la sua proposta per una scuola nuova e democratica, che metta al centro l’alunno e la sua formazione ad essere cittadino e non, come vorrebbe il modello neoliberista imperante, far diventare gli studenti degli automi pronti ad essere immessi come merci sul mercato del lavoro.

Per fare questo Meirieu ha sottolineato come la sfida del futuro si concretizzi nella riscoperta di cinque elementi fondamentali:

  • quello che lui chiama sursis, la capacità di differire il passaggio allatto, la capacità di attendere e riflettere, primo momento per eliminare la violenza che si configura sempre come risposta immediata ad una pulsione.
  • L’empatia, la capacità di entrare profondamente in relazione con l’altro assumendone anche il punto di vista, pur non condividendolo.
  • Il simbolo, cioè la capacità di dare forma e rappresentare ciò che non è visibile né manipolabile fisicamente. Riscoprire la capacità di dare forma a ciò che ci abita e, quindi, di impadronirci e fare nostri modelli e sistemi di pensiero riscoprendo così la gioia della conoscenza.
  • La cooperazione, la capacità di liberarsi del gruppo fusionale che assoggetta e iniziare a scoprire la possibilità di collaborare all’interno di un gruppo in cui si è uguali, colmando così la mancanza di relazioni imperante e sfuggendo alle tentazioni di scorciatoie rapide quali tossicodipendenza e fanatismo.
  • Da tutto questo deve scaturire la consapevolezza e la capacità di darsi un progetto comune, di capire che il futuro è insieme e solo insieme lo si può affrontare.

In tutto questo Meirieu ha sottolineato come la sfida degli educatori del XXI secolo sia quella di riscoprire che l’educazione si rivolge soprattutto a chi non è destinato all’educazione per non lasciare che nessuno sia abbandonato ai bordi della strada e sia incantato dai tanti suonatori di flauto che attirano le giovani generazioni per sentieri oscuri.

Direi che questa sfida possa essere allargata a tutta la società, compresi gli adulti, e che nessuno debba essere lasciato sul ciglio della strada perché non produttivo.
Ne va della vera democrazia, non quella agitata a parole dalle istituzioni.

Pescara 12/05/2016
Marcello Goussot