Grazie a tutti per essere qui questa sera.
È un momento di preghiera fortemente voluto e desiderato in questo periodo di incertezza.
Siamo colpiti dal vento della disperazione, dalla follia che accade a due passi da casa nostra. Una domanda attanaglia i nostri cuori: “Dov’è tuo fratello?”. È un interrogativo esistenziale per la vita di ogni cristiano e da questa domanda ne scaturiscono altre: “Perché succede questo?”, “Cosa posso fare?”, “Cosa possiamo fare?”.
Se proviamo ad alzare lo sguardo vediamo come la guerra colpisce anche milioni di fratelli geograficamente più lontani da noi. Accade ogni giorno in Siria, Libia, Sud Sudan, Afghanistan, Etiopia, Burundi, Yemen, Palestina, Israele, Nigeria.
Oggi, a nove anni dalla elezione di Papa Francesco, comprendiamo pienamente quanto giusta sia la definizione di «Terza guerra mondiale a pezzi» coniata dal Pontefice. Una guerra progressiva, sempre più estesa, apparentemente inarrestabile.
Ma la risposta a quelle domande prende forma nella realtà che tutti noi viviamo. Mio fratello, i nostri fratelli soffrono, sono costretti ad emigrare, a mettere la loro vita in uno zaino e lasciare la famiglia per colpa di guerra e conflitti. Così donne, uomini, bambini, diventano il fratello che incontriamo tutti i giorni nelle nostre strade, nei nostri servizi, negli ambulatori della Caritas. Anche nella porta accanto alla nostra casa.
Gesù in una immagine dice “siamo il sale della terra”, il condimento in grado di offrire sapore al mondo. Mi piace pensare che Gesù abbia scelto il sale perché ci pensava capaci di conservare e custodire il mondo, custodirlo nella Pace.
In questi giorni è difficile collocare noi e i sentimenti che proviamo. A volte, arrivano a sopraffarci. Trovarsi insieme in questa occasione significa essere meno soli, isolati, preoccupati. Insieme si trova e si costruisce la speranza. Insieme siamo artigiani di relazioni, di fraternità e di Pace. Insieme significa rispondere “Sorella, fratello, siamo qui per te. Siamo qui per la pace”.
La guerra in Ucraina e l’arrivo nelle nostre città di tantissime persone in fuga – sono donne, mamme, bambini – sembrano essere l’unica priorità di queste giornate, questa atrocità sembra aver cancellato tutto il resto.
Proprio per questo, in questa sera di preghiera, vogliamo ricordarci come:
- Il Covid non è finito anzi i numeri sono in rialzo
- Con la fine dell’emergenza covid sono ripresi gli sfratti
- Gli arrivi dalla rotta africana o dalla rotta balcanica stanno continuando
- Le bollette, i beni di consumo e le materie prime in aumento hanno messo in crisi tante famiglie delle nostre città
Dobbiamo pregare per chi ha ruoli amministrativi e di guida affinché, nella complessità del governare, sappiano trovare la strada del saper governare le complessità avendo come bussola il bene comune e la Pace.
Questo periodo ha mosso gli animi di molti ma è anche il momento opportuno per pensare e realizzare un nuovo sistema di accoglienza diffusa. Facciamolo a cominciare dalle tante famiglie che hanno aperto le porte delle loro case, a tutti quelli che di giorno in giorno, di periodo in periodo, hanno e avranno bisogno di accoglienza e aiuto.
L’accoglienza oggi apre le porte agli ucraini, domani a qualche famiglia sfrattata o a qualcuno in fuga dalla desertificazione. L’accoglienza è di tutti e per tutti. Altrimenti non è. L’accoglienza ha il profumo e il sapore della comunità, della fraternità.
Tanti frutti solidali fioriscono nelle nostre comunità, sono preziose occasioni di animazione e costruzione della pace. Gesti concreti, veri, di sostegno e vicinanza da prendere come esempio per il futuro.
Proprio lì, in quei luoghi, troverete sempre noi della Caritas. Ci troverete in collaborazione con le autorità territoriali e locali, dei volontari, a curare l’accoglienza di chi fugge dalla guerra o dalla povertà ma anche a curare i bisogni della nostra comunità e, per farlo, tesseremo trame di fraternità insieme a ciascuno di voi.
Un cammino comune fatto di ascolto, discernimento, accompagnamento, con un’attenzione particolare ai più vulnerabili.
All’Angelus del 13 marzo il Pontefice ha affermato: «Non ci sono ragioni strategiche che tengano: c’è solo da cessare l’inaccettabile aggressione armata, prima che riduca le città a cimiteri». Ha lanciato l’appello universale: «In nome di Dio, vi chiedo: fermate questo massacro!».
L’appello del Papa è alle coscienze di tutti, davanti a un conflitto che non risparmia nessuno, neanche i bambini. Bisogna fermare la guerra, perché l’escalation potrebbe condurre l’umanità in un vicolo cieco, dal quale sarà difficile uscire. Più crudele sarà la guerra, più il fiume di lacrime e sangue sarà in piena, più sarà tortuoso, lungo, difficile, il cammino di una possibile riconciliazione.
Fermatevi!
Eccoci qui allora a rispondere “all’insensatezza della violenza” con “le armi di Dio”: con la preghiera.
Pregare per la pace è il nostro modo per essere solidali e uniti.
Quando c’è una guerra tutti noi abbiamo l’impressione di essere impotenti, ci domandiamo cosa fare. Proprio per questo, ora e qui, è importantissimo affidarsi a Dio. Perché Dio vuole la Pace, in nessun caso la guerra. Una preghiera pubblica come la nostra è un appello alla coscienza di tutti coloro hanno il potere sulla guerra e sulla pace, un invito a purificare le loro coscienze, perché non abbiano pensieri di guerra, ma di pace.
La preghiera per la pace è un segno di solidarietà con tutti coloro che soffrono, che vivono dentro la tragedia più grande e sono costretti a lasciare le loro famiglie, le loro case, per sopravvivere.
La preghiera è un segno per queste persone, gli fa capire loro di non essere soli. C’è chi pensa a loro e prega per loro.
“Sorella, fratello, siamo qui per te. Sono e siamo qui per la pace”.